La povertà assoluta ha dimensioni anche relazionali, non solo economiche
La povertà assoluta ha dimensioni anche relazionali, non solo economiche

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Lo scorso 30 giugno una lettera al direttore su questo giornale ha sollevato un problema di grande interesse, in riferimento ai dati Istat sulla povertà assoluta nel nostro Paese, di cui si segnalava una drammatica crescita, dopo la pandemia: circa 5,6 milioni di persone che vivono “sotto la soglia di povertà assoluta” (l’anno precedente erano 4,5 milioni). In particolare, secondo il lettore, con la metodologia adottata “troppe famiglie risultano povere”. La precisa e documentata risposta di Francesco Riccardi ha sicuramente fatto chiarezza, ma la domanda rimane pertinente, e merita un approfondimento: quando davvero si può dire che una persona è in condizione di povertà? E cosa cambia, rispetto alla povertà, se prendiamo in considerazione la famiglia in cui la persona vive?

Mi permetto di intervenire sul tema anche perché, come Cisf, abbiamo appena concluso un progetto di indagine internazionale su famiglia e povertà, in collaborazione con l’Istituto Giovanni Paolo II di Roma e con l’Università Ucam di Murcia (Spagna), che verrà presentato lunedì 5 luglio, alle 11.30, durante un webinar su “Famiglia e povertà relazionale” (il programma completo è in fondo a questa pagina).

Tornando alla domanda iniziale (come misurare la soglia di povertà), in primo luogo occorre arrendersi all’idea che “anche la povertà assoluta è relativa”. È vero che, in linea puramente teorica, sarebbe possibile individuare un “livello di beni essenziali” al di sotto dei quali la persona non sopravvive: in termini di minimo di cibo/calorie giornaliere, in termini di “abitazione decente”, o di accesso ad acqua pulita, cure sanitarie minime, ecc. Ma già questo breve elenco evidenzia la difficoltà di una definizione assoluta. Ad esempio il bisogno di abitazione per chi abita in un clima rigido è ben diverso da chi abita in un clima temperato o equatoriale. In altre parole, la geografia fa già una grande differenza, anche nel ‘piccolo’ del territorio italiano.

Un secondo elemento di “relativizzazione” è il confronto con le altre persone che vivono insieme a te: se quasi tutti hanno il cellulare, chi non può permetterselo è certamente svantaggiato. Ma il cellulare fa parte dei beni indispensabili “per non essere poveri”? Se ne può discutere, anche se a mio parere, oggi, la risposta non può che essere affermativa – non essere reperibili tempestivamente, non avere accesso facile alle fonti informative, costituiscono elementi di svantaggio che generano marginalità, inferiorità, in un certo senso “povertà”.

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Argomenti: Società
Tag: famiglia Francesco Belletti povertà Rapporti
Fonte: Avvenire