Corridoi umanitari. Otto diocesi in campo per accogliere i profughi
Corridoi umanitari. Otto diocesi in campo per accogliere i profughi

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Sono momenti indimenticabili, «si concretizzano mesi di lavoro, di dialoghi, di ricerche per i giusti abbinamenti ».

È entusiasta Federica Ricci, una dei tutor di Caritas che segue le diocesi nella preparazione all’accoglienza delle persone. Diocesi accoglienti che per questo corridoio sono otto, da Nord a Sud: Crema (dove saranno seguiti da padre Maccalli, liberato nell’ottobre 2020 dal rapimento proprio in Niger), FiesoleBolzanoRimini, RomaTeggiano PolicastroAssisiMatera, più una struttura di Diaconia Valdese a Torino.

Pronte ad accogliere otto nuclei familiari e sette singoli, di varie età: la più piccola ha meno di un mese di vita ed è la quarta figlia di una coppia nigeriana scappata dalle violenze di Boko Haram, il più grande ha 40 anni ed è un padre di famiglia sudanese che ha vissuto in Darfur prima di fuggire a causa della guerra civile. Le altre nazionalità sono Etiopia, Somalia, Rca, Ciad, Mali, Costa d’Avorio, Camerun, Eritrea. «La maggior parte di loro ha subìto violenze e torture, spesso in Libia, dove sono stati detenuti per mesi o anni prima di riuscire a scappare verso il Niger o a essere evacuati dall’Unhcr», spiega Giovanna Corbatto, coordinatrice nazionale del programma dei corridoi di Caritas.

Per questo ogni diocesi coinvolta ha nel proprio staff almeno una figura di sostegno a vittime di abusi. Il Niger è stato una tappa importante per tutti: storico crocevia migratorio, oggi è diventato un luogo di preselezione in cui Unhcr, negli ultimi anni guidata da Alessandra Morelli (presente a Fiumicino anche perché questo corridoio suggella la fine di mandato nigerino e carriera istituzionale), tutela i profughi provenienti dai pericolosi Paesi circostanti.

Genet, 23enne eritrea è stata segregata dai trafficanti per mesi come contropartita per non avere con sé i soldi del viaggio: ora ha problemi ai reni e difficoltà a camminare. «Ma voglio lasciare tutto alle spalle, non vedo l’ora di imparare l’italiano, capire qual è la professione a cui posso puntare e iniziare così una nuova vita», ci racconta con una determinazione sorprendente.

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Argomenti: Migranti
Tag: accoglienza Caritas corridoi umanitari Diocesi profughi
Fonte: Avvenire