
Si fa presto a parlare di “rivoluzione green”. Da Biden al Recovery Plan del Governo Draghi, comprensibilmente, i temi della sostenibilità e della transizione ecologica sono al primo posto dell’agenda politica. Ma bisogna stare attenti alle scorciatoie. Troppo facile e comoda, in per esempio, appare l’equazione tra sostenibilità e auto elettriche, la cui produzione e appetibilità, grazie anche agli incentivi, è in ascesa verticale. Il grido d’allarme arriva dal Sudamerica, dove il “colore verde” non è sinonimo di tutela dell’ambiente. Una tonalità intensa, più ancora dello smeraldo, che risalta in modo fortissimo rispetto alle pietre rossicce del deserto e al bianco dei depositi salini. Basta consultare una mappa satellitare sul nostro pc e passare a volo radente sul nord del Cile, sulla confinante Bolivia e poi, più a est, sul nordovest dell’Argentina. Spesso si incontrano delle zone di questo verde intenso: sono i bacini dove viene fatto depositare e viene inizialmente lavorato il litio, metallo essenziale oggi per tutte le batterie, a partire da quelle delle auto elettriche.
La corsa ad accaparrarsi quello che rischia di diventare nei prossimi anni il minerale più ambito è già partita da diversi anni. E sta creando più problemi che opportunità alle economie locali. Paesi che complessivamente detengono, secondo alcune stime, oltre il 50 per cento (qualcuno afferma l’80 per cento) delle riserve mondiali di litio: appunto, Cile, Bolivia, Argentina. Un “triangolo” caratterizzato da territori singolari: altipiani desertici, a volte anche a 4mila metri d’altitudine, quasi completamente aridi, spesso attraversati da enormi distese di sale (la più grande salina del mondo, quella boliviana di Uyuni, è grande come l’intero Abruzzo).
Tecnica invasiva per l’ambiente. Il nostro viaggio parte dal Cile, oggi il secondo produttore di litio al mondo dopo l’Australia (dove il metallo viene estratto in vere e proprie miniere e non per evaporazione). “Guardi – dice al Sir Cristina Dorador, docente di Microbiologia all’Università di Antofagasta -, il tema non è quello di rinunciare del tutto all’estrazione delle risorse esistenti, altrimenti ora non saremmo qui a conversare con il cellulare.