
Prodotti indispensabili, letteralmente vitali per uscire dalla crisi sanitaria in cui il mondo è sprofondato, le mascherine mono- uso, i guanti, gli aghi e le siringhe per condurre la campagna vaccinale globale stanno producendo un enorme effetto collaterale: una montagna di spazzatura non riciclabile.
«Stimiamo che circa 3,4 miliardi di mascherine monouso vengano scartate ogni giorno a causa della pandemia » si legge in uno studio pubblicato dal professore Thava Palanisami dell’Università di Newcastle, Australia, insieme ai due ricercatori Nsikak Benson e David E. Bassey. «Il verificarsi imprevisto di una pandemia di questa portata ha condotto a livelli ingestibili di rifiuti di plastica biomedica». Anche le diverse campagne vaccinali nazionali, a cui giustamente il mondo rivolge le proprie speranze, giocano un ruolo nella produzione di rilevanti quantità di rifiuti non recuperabili: fino ad ora sono state somministrate 1,24 miliardi di dosi, dunque un egual numero di aghi e siringhe sono finiti nella spazzatura.
L’azienda californiana di smaltimento di rifiuti sanitari, OnSite Waste Technologies ha stimato che, se si disponessero uno dopo l’altro tutti gli aghi necessari per inoculare la popolazione degli Stati Uniti, questi creerebbero una linea così lunga da girare attorno alla terra per 1,8 volte. Attivisti e ambientalisti da mesi lanciano l’allarme per il ritrovamento di «rifiuti da Covid» dispersi nell’ambiente, negli oceani e in luoghi anche molto lontani dai grandi insediamenti urbani. Anche nella migliore delle ipotesi – e cioè che i cittadini rispettino le indicazioni di gettare mascherine e guanti nella frazione indifferenziata dei rifiuti solidi urbani – l’impatto sarà quello di aumentare il lavoro di discariche e inceneritori. Realizzate spesso con fibre di plastica, prevalentemente polipropilene, le mascherine chirurgiche non possono essere riciclate.