
Non la meta di un viaggio, ma la tappa di un percorso, che “chiama” le Chiese cristiane all’impegno, delicato e affascinante, di partecipare alla costruzione della “nuova” Europa. Un processo corale, all’insegna del dialogo e della riconciliazione, per definire il ruolo dei credenti nel servizio al bene comune, per arricchire di sapienza evangelica un’Unione fin troppo vincolata a bilanci e parametri economici. Vent’anni fa, il 22 aprile 2001, a Strasburgo veniva firmata la Charta Oecumenica. L’arcivescovo Aldo Giordano, oggi nunzio apostolico in Venezuela, era segretario generale del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa), l’organismo che insieme alla Kek (Conferenze della Chiese europee) lavorò direttamente al documento. «Il testo – ricorda monsignor Giordano – fu firmato al termine di un incontro ecumenico europeo in un anno in cui la data della Pasqua coincideva per tutte le Chiese e comunità cristiane. Ad esso avevano partecipato oltre 250 delegati del continente, la metà responsabili di Chiese e la metà giovani, per pregare e riflettere attorno al tema “Sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’. Avevamo invitato i giovani, convinti che loro avevano la possibilità di scrivere pagine nuove nella storia della riconciliazione. La Charta era frutto di un lungo e impegnativo lavoro corale fatto insieme dalle tre grandi tradizioni ecclesiali cristiane presenti in Europa: cattolica, ortodossa e protestante. Le consultazioni erano durate alcuni anni.