
Il portone della chiesa del Sacro Cuore è come un fungo in una viuzza nel mezzo del suq di Bassora, profondo sud dell’Iraq. Due milioni e mezzo di abitanti a una settantina di chilometri dal Golfo Persico, a un tiro di schioppo dalla frontiera con il Kuwait, ancora meno da quella con l’Iran. La terza città del Paese è un enorme scalo portuale, capoluogo dell’Iraq meridionale: una marea di sciiti che galleggiano su un mare di petrolio. Entrando in città, le lingue di fuoco perenne dalle ciminiere lungo l’autostrada, segnalano i maggiori giacimenti petroliferi al mondo dopo quelli dell’Arabia Saudita.
Nessun visitatore straniero penserebbe di poter incontrare nella città portuale dei cattolici di antichissima tradizione. Eppure sarà Atanasius Firas Durdur, il giovane vescovo siro cattolico di recentissima nomina a dare – assieme al vescovo caldeo – il benvenuto a Papa Francesco a Ur, sotto la Ziggurat di Abramo. Un vescovo per ora senza preti, dopo che per due anni la sede è stata vacante. C’è forse un pizzico di incredulità in questo trovarsi a custodire i luoghi di Abramo, e proprio in occasione della prima visita da sempre di un Pontefice.
«Una memoria importante, la Chiesa parte da dove è partito Abramo, uomo di dialogo aperto all’incontro di popoli e civiltà» spiega monsignor Durdur. Una vocazione per i cristiani «essere coloro che promuovono il dialogo. Non si può fare conto qui sulla quantità, ma Gesù ci ha detto: voi siete il sale della terra».
Davvero impossibile fare bilanci quantitativi con 250 famiglie cristiane in tutta Bassora, di cui 65 siro cattoliche. Negli anni ’80 erano circa mille ma «dopo la caduta di Saddam Hussein chi ha potuto se n’è andato», spiega Sabiah, 53enne insegnante di matematica. «Nel 2017 mi hanno bruciato la casa, ma neanche allora me ne sono voluta andare. Ma ora che a mio padre al ministero hanno rubato degli anni di pensione e, dopo che ha avuto un infarto, pure io vorrei andare all’estero», ti dice guardandoti con occhi neri, bellissimi e profondi di una malinconia struggente.
Corruzione politica, mancanza di lavoro per i giovani, men che meno per i suoi quattro figli, e il sentirsi cittadini di seconda classe. Questo significa troppa povertà, perché «il petrolio ce lo hanno rubato gli iraniani».