
Chi ha visitato una qualsiasi scuola africana lo sa: proprio accanto alle aule, in un piccolo spazio all’aperto, fin dal primo mattino un gruppo di donne prepara il fuoco sotto enormi calderoni. Mentre nugoli di bambini si spartiscono i pochi metri quadrati di aule modeste, ma al tempo stesso curate, o anche solo l’ombra di enormi alberi sotto ai quali si fa lezione, il calore della legna fa il suo dovere, trasformando farina di mais e acqua nell’alimento base della dieta quotidiana. In Malawi è la nsima, in Uganda il posho, in Kenya e Tanzania l’ugali. Termini diversi per indicare questa sorta di polenta nutriente e a basso costo, accompagnata da un misto di verdure e qualche pezzetto di carne o pesce. Mentre i genitori sono nei campi, il momento del pranzo a scuola assume per gli alunni africani una rilevanza cruciale. In pochi hanno fatto colazione al mattino presto a casa, pur dovendo spesso affrontare qualche chilometro a piedi per raggiungere la scuola. In pochi avranno assicurato un pasto completo la sera a casa. Per questo frequentare la scuola, a queste latitudini, è qualcosa di più che andare a lezione: significa in molti casi poter contare sull’unico vero pasto della giornata, in gran parte assicurato dalle donazioni delle organizzazioni internazionali.
La pandemia di Covid-19, pur avendo fatto in Africa meno vittime (almeno a livello ufficiale) che in altri continenti, da questo punto di vista qui ha picchiato duro. I lockdown che per mesi hanno chiuso le scuole hanno infatti inciso non solo su un’economia informale che trae forza dall’incontro quotidiano con l’altro, ma anche sulla regolare nutrizione dei bambini. Un allarme che già era stato lanciato da missionari e organizzazioni internazionali e che ora viene «certificato» da un rapporto lanciato dall’Unicef e dal Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu. Lo studio («Covid-19: Missing More Than a Classroom») rivela infatti che dall’inizio della pandemia nei Paesi poveri sono andati «persi» 39 miliardi di pasti scolastici. Secondo gli esperti, 370 milioni di bambini nel mondo hanno perso il 40% dei pasti scolastici da quando le restrizioni causate dal Covid-19 hanno causato la chiusura delle scuole. È per questo che Unicef e Pam chiedono urgentemente ai governi di riaprire le scuole e assicurarsi che i bisogni di salute, cibo e nutrizione dei bambini vengano soddisfatti con ampi programmi di refezione scolastica.