Cile. I Mapuche: «La Terra ci salva anche dal Covid»
Cile. I Mapuche: «La Terra ci salva anche dal Covid»

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«La terra ci potrà salvare. Anche questa volta». È come un sussurro che, nonostante i mesi di lockdown e la paura dei tanti rimasti senza lavoro, diventa speranza a Malalhue. Località del comune di Lanco, 16mila abitanti nella regione di Los Rios, l’ultima prima della Patagonia, è la patria del popolo Mapuche, dove gli indigeni dalla pelle color ambra sono circa il 30%.
Una speranza coltivata attorno a un ettaro di terra, preso in gestione per due anni da una famiglia del villaggio, ripulito da sassi e sterpaglie e poi, dopo aver affittato un trattore con pale e aratro, seminato a fagioli: un progetto che, solo per il fatto di essere partito l’anno scorso, rappresenta una sfida che Comi (Ong Focsiv) ha voluto lanciare nel cuore del Cile. «Sono rientrata in Cile dopo 30 anni in Italia per lavorare con i popoli indigeni. Un desiderio insopprimibile: sono io stessa Mapuche» spiega ad Avvenire Rosario del Pilar Reuque Paillalef, referente Comi nel Paese. L’agricoltura familiare è l’attività su cui poggiava tradizionalmente gran parte della vita dei Mapuche, modello che l’emergenza Covid ha reso ancora più attuale. Dopo un periodo di studio iniziale, a fine 2019 l’Ong voleva avviare quattro “palestre”: la conoscenza delle erbe medicinali, secondo la tradizione Mapuche, per educare i giovani alla biodiversità, il primo progetto. Laboratori musicali e fotografici per la “palestra culturale”, mentre incontri di chueca una sorta di hokey su prato dei Mapuche, e gare di atletica il laboratorio sportivo. L’obiettivo, solo rimandato, era di organizzare un Festival della cultura Mapuche: «Il problema è di far recuperare ai giovani l’uso della lingua “mapudungun”, oltre che le nostre tradizioni», spiega Pilar Reuque.

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Argomenti: Mappamondo
Tag: Cile Coronavirus indigeni pandemia
Fonte: Avvenire