
«La schiavitù non è mai finita. Non è mai sparita. Si è solo trasformata». È durissimo il vescovo di Caserta, Giovanni D’Alise, nel commentare la denuncia di Avvenire sui ragazzi dati in pegno agli usurai dalle famiglie, per saldare i debiti contratti dai genitori. «Stavo ascoltando la rassegna stampa radiofonica della Rai, come faccio sempre. Appena ho sentito la notizia, sono rimasto veramente costernato perché non mi sarei mai aspettato una cosa del genere – spiega monsignor D’Alise –. Non me la sarei aspettata in generale, nella mia diocesi e nella città in cui vivo: Caserta. Ho subito pensato che vuol dire che il male si insinua così fortemente nella società, che sembra che non ci sia.
E questo è il modo peggiore e più dannoso per insinuare il male nelle nostre comunità». È accorato il discorso del presule casertano. Il vescovo di Caserta non si aspettava che l’usura fosse diventata cosi subdola in Terra di Lavoro, da coinvolgere intere famiglie nei suoi tentacoli, facendo pagare ai figli – letteralmente – i debiti dei genitori. Figli, maschi e femmine, costretti ad andare a lavorare in aziende vicine all’usuraio, anche se non collegate direttamente con lui, per ‘restituire’ il debito. «Dico alle mie comunità e ai sacerdoti e a quanti a Caserta hanno rapporti con la società, a tutti i battezzati che operano più attivamente per il bene comune, di aprire gli occhi – continua D’Alise –. Perché sotto questi nostri occhi stanno accadendo cose impensabili. Se un ragazzo della mia parrocchia, il figlio di un mio amico fosse in questa situazione, passerebbe di continuo davanti a me una scena come quella che avete raccontato. Sono grato perciò al giornale e a chi ha parlato, per averci aperto gli occhi e averci dato la possibilità d’intervenire. E spero, in realtà, che non sia così grave, che non sia così vera la notizia » .