
Tutto è stato più chiaro quando quel bimbo, appena risvegliatosi dalla terapia intensiva, ha pronunciato quattro semplici lettere dal suono dolce: «Papà». Ad ascoltarle quello che da lì a pochi anni sarebbe davvero diventato suo padre, Giuseppe, il cardiologo emodinamista che lo aveva conosciuto in un orfanotrofio in Cambogia e lo aveva fatto venire in Italia per essere operato al Bambino Gesù per una grave cardiopatia. E pensare che quello scricciolo di tre anni che pesava appena 9 chili era stato abbandonato proprio per la sua malattia e, data l’età, non aveva grandi speranze di poter diventare grande. Perché avendo già una vasculopatia polmonare nel giro di due-tre anni, senza intervento, quasi certamente sarebbe morto.
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Avvenire