Intervista. Ágnes Heller, la bellezza della scelta etica giusta
Intervista. Ágnes Heller, la bellezza della scelta etica giusta

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Mentre aspetta l’intervistatore nella hall di un albergo di Milano, Ágnes Heller sbriga un po’ di posta elettronica. A conversazione finita, tornerà al computer per inviare qualche altra email. Questo è probabilmente il comportamento di una decent person: fare il proprio dovere e farlo liberamente, nel momento propizio. La nozione di decent person è uno degli elementi centrali della riflessione su etica e morale che la filosofa ungherese (nata a Budapest nel 1929, da tempo si divide tra gli Stati Uniti e il suo Paese d’origine) ha avviato fin dagli anni Ottanta. Della trilogia complessivamente intitolata Una teoria della morale erano finora noti in Italia i primi volumi, Etica generale e Filosofia morale, pubblicati dal Mulino rispettivamente nel 1994 e nel 1997. Adesso esce da Mimesis la terza e ultima parte, Un’etica della personalità (pagine 438, euro 30,00: l’edizione originale risale al 1996) dove i curatori Laura Boella, Andrea Vestrucci e Chiara Zancan concordano nel tradurre decent person come “persona perbene”. «Ne sono sempre esistite e sempre esisteranno, anche nei momenti più bui della storia», commenta Ágnes Heller. Sopravvissuta alla Shoah e allieva di György Lukács, è una delle pensatrici più importanti dei nostri tempi, capace di affrontare questioni estremamente complesse con gli strumenti di un’affilata semplicità. Attraverso il racconto, per esempio. «Delle tre sezioni di cui si compone Un’etica della personalità – spiega – solo la prima adotta il linguaggio dell’argomentazione filosofica. Nelle altre due mi sono servita del dialogo teatrale e del romanzo epistolare».

Perché?

«Nei volumi precedenti avevo fornito una mia interpretazioni dei principali concetti etici e avevo indagato la dimensione morale del pensiero contemporaneo. In sostanza, non avevo ancora affrontato la filosofia morale propriamente intesa. Quando ho provato a farlo, mi sono resa conto di come le diverse posizioni non potessero essere esposte in astratto. Al contrario, era necessario mettere in evidenza il conflitto che emerge tra le affermazioni di autori differenti. Una dimensione drammatica che, alla fine, sfocia in una storia d’amore».

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Argomenti: Cultura
Tag: Agnes Heller
Fonte: Avvenire