Migranti. Verso gli Usa. La Carovana dei disperati si ferma nella terra di nessuno
Migranti. Verso gli Usa. La Carovana dei disperati si ferma nella terra di nessuno

Condividi:

Un piccolo gruppo ha attraversato in zattera il fiume Suchiate. Così, Harlin ha raggiunto Ciudad Hidalgo. Il resto, però – almeno quattromila persone – è rimasto intrappolato sul ponte che dalla guatemalteca Tecun Uman conduce al Messico. Per tutta la giornata di ieri hanno provato a premere. Invano. Gli agenti della polizia di frontiera hanno risposto con scudi e lacrimogeni. Gli honduregni, partiti una settimana fa da San Pedro Sula, hanno, dunque, dovuto desistere. Non possono tornare indietro – sebbene qualcuno l’abbia fatto per disperazione, né proseguire. A loro non resta che aspettare in questa terra di nessuno.

Nel frattempo, altri emigranti stanno per raggiungerli. In settemila, partiti dall’Honduras nei giorni successivi, sono in viaggio per il Guatemala, diretti a Nord. Ovvero al confine statunitense, dove vogliono chiedere asilo. Prima, però, devono attraversare il Messico. Una sfida tutt’altro che facile. Il Paese rischia di trasformarsi in un ostacolo insormontabile. Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, è atterrato ieri a Città del Messico con una richiesta precisa: fermare i profughi. E il presidente messicanoEnrique Peña Nieto sembra disposto a soddisfarla. «Gli immigrati illegali non passeranno», ha detto. Quest’ultimo resterà ancora in carica poco più di un mese. E il successore, Andrés Manuel López Obrador, ha scelto la linea morbida. Il prossimo presidente ha parlato della necessità di avviare un Piano Marshall per il Centroamerica da trenta miliardi di dollari. E si è detto convinto di poter coinvolgere l’omologo Donald Trump nell’iniziativa. L’orizzonte di quest’ultimo, però, è breve. Esattamente le prossime due settimane fino al voto di midterm. La Carovana è ormai un’arma elettorale per il capo della Casa Bianca. Che ha tuonato, in Arizona: «L’America non vuole questa gente. Sono criminali, bad hombres».

Certo, anche gli organizzatori della “grande marcia” hanno scelto una data sensibile, la vigilia elettorale Usa, proprio per dare la massima visibilità a un esodo finora ignorato. Al di Ià delle strategie politiche, questo è dovuto alla violenza bellica di cui è prigioniero l’Honduras. Dove le bande criminali, maras, hanno conquistato interi pezzi del territorio grazie all’impunità dilagante e alla corruzione. La gente fugge dalle estorsioni a tappeto e dal reclutamento forzato. Per questo, i “carovanieri” non appaiono disposti a fermarsi.

Continua a leggere

Argomenti: Mappamondo Migranti
Tag: Honduras Messico migranti
Fonte: Avvenire